Introduzione
Il territorio costiero salentino è per tipologia delle rocce soggetto a frequenti fenomeni carsici che hanno comportato la creazione nei millenni di numerose e bellissime grotte, la maggior parte delle quali sono visitabili esclusivamente via mare.
Tutte, però, meritano di essere visitate, vuoi per il valore storico, vuoi per la particolarità paesaggistica, vuoi per i giochi di luce e la conformazione delle rocce che richiama elementi del mondo umano ed animale. In questa guida vi proponiamo una “visita” presso ciascuna di esse, per permettervi ampia libertà di scelta su quelle che poi vorrete visitare dal vivo.
Ve le esponiamo tenendo come punto di riferimento le località costiere a cui appartengono.
Grotte a Torre dell’Orso

L’area di Torre dell’Orso, diversi chilometri a nord di Otranto, presenta una costa frastagliata con numerose grotte di piccole dimensioni, utilizzate nelle antichità come rifugio da parte di pescatori ed eremiti.
Tra queste, la più conosciuta è la Grotta di San Cristoforo. Essa è però probabilmente di origine umana, realizzata diversi secoli avanti Cristo.
L’importanza di questa grotta risiede soprattutto nel suo valore culturale, infatti è qui che sono state ritrovate antichissime iscrizioni nella roccia in lingua sia greca che latina, che testimoniano come il luogo fosse una sorta di luogo di culto per i navigatori.
Tra le meglio conservate risulta essere la preghiera di “Felicior Hispanius”, un navigatore che cercava di propiziarsi le divinità affinché il suo personale viaggio potesse compiersi senza infausti eventi.
Grotte a Porto Badisco
Scendendo verso Otranto, la costa presenta una grande ricchezza di grotte e insenature che rendono questa zona particolarmente attraente per gli appassionati di snorkeling.
A sud di Otranto si apre la baia di Porto Badisco, un porto naturale formatosi nei millenni per la presenza di un antico fiume, che ha lasciato in eredità non solo la profonda insenatura che dà il nome a Porto Badisco, ma anche molte manifestazioni carsiche nelle rocce. Il più importante in quest’area è senz’altro la Grotta dei Cervi.
Questa grotta può essere ammirata via mare e soltanto dall’esterno, essendo attualmente interdetta al pubblico a causa degli importanti ritrovamenti archeologici all’interno. Qui risiedettero i primi abitanti di queste coste più di quattromila anni fa.
La grotta è così chiamata per via della presenza all’interno di graffiti dove sono raffigurate delle battute di caccia al cervo. È molto profonda tanto da addentrarsi nelle viscere della terra per circa tre chilometri lungo tre distinti corridoi.
Nel primo si trovano dei pittogrammi che mostrano scene di quotidianità del periodo neolitico (dal sesto al quarto millennio avanti Cristo) iscritti per mezzo di ocra rossa e guano di pipistrello, quasi tutte relative alla caccia.
Sono stati ritrovati anche vasi, ceramiche, manufatti ottenuti dalla lavorazione dell’osso. Il corridoio si apre presto in due altri corridoi distinti e paralleli per sessanta metri, per ritornare quindi un unico corridoio in un varco strettissimo.
È questo secondo corridoio che conserva tuttora i migliori graffiti che raffigurano le attività di caccia e di riti magici del tempo. Si accede infine all’ultimo corridoio che si sviluppa in linea parallela rispetto al secondo.
Grotte tra Santa Cesarea Terme e Castro Marina
Scendendo ancora lungo la costa adriatica salentina, incontrerete una fascia costiera ricchissima di fenomeni carsici nell’area compresa tra Santa Cesarea Terme e Castro Marina.
Presso Santa Cesarea Terme, le grotte sono state fucina di salutari e benefiche acque termali, da cui sorgono direttamente con importanti proprietà terapeutiche e i cui effetti curativi erano già noti nel Quattrocento, prima che i turchi assalissero quest’area facendo “dimenticare” tali grotte fino alla riscoperta soltanto nell’Ottocento, quando fu deciso allora di aprire un vero e proprio centro termale che contribuì in modo decisivo alla (ri)nascita di Santa Cesarea Terme.
Le acque di sorgente scorrono sottoterra fin da Porto Badisco, arricchendosi di proprietà minerali di tipo sulfureo-salso-bromo-iodiche ed emergono a Santa Cesarea Terme presso quattro grotte collegate al mare: Gattulla, Fetida, Solfurea e Solfatara. Proprio sulle grotte sorge oggi lo stabilimento termale.

L’acqua delle sorgenti, già curativa di per sé, viene ulteriormente potenziata alle termine tramite eutermalizzazione che fa salire la temperatura dai trenta gradi naturali fino alla temperatura corporea umana. Un’acqua di sorgente che non può essere bevuto per i tanti sali di cui si arricchisce, ma in compenso che aiuta tante persone a stare meglio alleviando e guarendo i problemi ossei e muscolari.
Proseguendo lungo la costa, arriverete a Castro. Anche qui non vi sono spiagge ma “solo” rocce aspre a picco sul mare. Il miglior punto per fare il bagno è proprio nei pressi della grotta probabilmente più conosciuta di tutto il Salento. Stiamo parlando della Grotta Zinzulusa, se non la più ricca di testimonianze né la più lunga, è però senza dubbio la più scenografica per il modo spettacolare con cui si apre sul mare, richiamando alla mente qualcosa di simile ad un’esperienza dantesca.
Una grande fauce si apre tra le rocce, con un’apertura di circa quindici metri in altezza, pronta ad “inghiottire” la lunga fila di visitatori. Infatti, a differenza delle altre, questa grotta è visitabile direttamente via terra grazie ad un passaggio costiero realizzato alcuni decenni fa ed in seguito rinforzato. Il nome di “zinzulusa” deriva da “zinzuli”, cioè “stracci appesi”, il nome dialettale che veniva dato dal popolo alle grandi stalattiti di cui la grotta è ricca.
Assieme alle stalagmiti, assumono spesso forme fantasiose che solo la natura è in grado di concepire contribuendo a fare di questa grotta una grande attrazione, nonostante non sia molto profonda. Si estende infatti nel sottosuolo per appena 160 metri.
Sicuramente fu frequentata in epoche remotissime sia dall’uomo che da animali. Sono stati ritrovati qui dei reperti di animali ormai scomparsi dall’Italia come l’elefante, nonché reperti preistorici umani come lame e grattatoi, ma anche manufatti di ossa lavorate e di ceramiche, tutti posti nella parte più esterna della grotta. Fu abbandonata per millenni e riscoperta soltanto nel 1793 dal vescovo locale Antonio Francesco del Duca. Fu però ripulita, messa in sicurezza e aperta al pubblico soltanto nel 1957.

Si sviluppa in tre parti principali.
La prima è la “Conca”, che dall’esterno comincia a portare i visitatori all’interno attraverso il Corridoio delle Meraviglie. È qui che si trovano stalattiti e stalagmiti di grandi fattezze che l’uomo ha ricondotto ad immaginazione di particolari oggetti o luoghi che li ricordavano: ecco allora il “Prosciutto”, la “Spada di Damocle”, il “Pulpito” ed altre ancora. Vi è un primo laghetto di acqua dolce (da cui i nostri antichissimi progenitori attingevano l’acqua) ed un altro laghetto detto “Trabocchetto” con acque molto pulite.
La seconda parte è la “Cripta” o “Duomo”, un’area di dimensioni minori ma molto alta (circa 25 metri) che fino a prima della riscoperta dell’uomo era colonizzata da tantissimi pipistrelli, tanto che proprio da qui fu estratto il guano che ha creato il primo passaggio via terra alla grotta, oggi ne sopravvivono ancora pochi.
L’ultimo tratto è il “Cocito”, un bacino chiuso che grazie all’estremo isolamento è diventato un vero e proprio ecosistema subacqueo.
Recentemente è stato scoperto che in realtà la grotta continua per altri cento metri, attualmente non aperti al pubblico ma già esplorati, che hanno portato alla scoperta di organismi finora ignoti di fauna acquatica.
In alternativa, la grotta si può visitare anche soltanto esternamente ammirandola via mare, attraverso gite in barca organizzate.
Poco distante dalla Grotta Zinzulusa si trova la Grotta Romanelli, il cui vano interno è piuttosto piccolo (35 metri per 16), ma che una volta riscoperto nei primi anni del Novecento ha portato alla luce numerosi reperti. La grotta è chiusa al pubblico, ma si può vedere dal mare, come si nota dall’ultimo minuto di questo video divulgativo.
Fu abitata solo nel Paleolitico e poi, ricopertasi di materiali, è stata inesplorata fino ai giorni nostri. Tra i reperti rinvenuti vi sono persino alcuni strumenti degli uomini di Neanderthal, parenti stretti della razza umana Sapiens, in seguito estinti.
Sulle pareti si sono conservati molti graffiti, esempi rarissimi di arte paleolitica nel Mediterraneo e che fanno di questa grotta uno dei siti archeologici più importanti d’Italia. Infine, tra i ritrovamenti anche ossa di animali del tempo paleolitico come gabbiani artici e pinguini boreali, specie estinta nell’Ottocento, e che testimoniano di quanto, allora, le glaciazioni si fossero spinte verso sud assieme a tutta la fauna artica.
In direzione Castro si trova la Grotta Azzurra, visitabile via mare. È poco profonda presentandosi come un’unica cavità ben visibile al cui interno le acque assumono un colore azzurro intenso grazie al continuo rifrangersi della luce e motivo per il quale assume questo nome. È tutt’ora popolata da molte specie di fauna marina.
Infine, in quest’area si trovano anche altre grotte meno conosciute tutte con accesso esclusivamente via mare. La Grotta delle Striare o Grotta delle Streghe prende questo nome per ciò che le sue rocce sembrano suggerire: ossia mani femminili dotate di lunghe unghie e che hanno contribuito ad alimentare la leggenda popolare secondo cui questa grotta fosse abitata da streghe.
Si vedevano infatti anche dei vapori sprigionarsi dall’acqua, in realtà dovuti soltanto ad acque sorgenti sulfuree. Infine citiamo per completezza anche la Grotta Rotundella, la Grotta Ritunna e la Grotta Palombara.
Le grotte di Leuca e dintorni

La “Costa di Levante” di Santa Maria di Leuca, vale a dire quella che si affaccia sull’Adriatico, mostra alte rocce a picco sul mare che di tanto in tanto schiudono alcune grotte suggestive, raggiungibili via mare e nei cui pressi è possibile anche praticare immersioni.
Queste grotte non sono propriamente carsiche, essendo in realtà state scavate nella roccia direttamente dall’azione secolare delle onde del mare. Citiamo ad esempio la Grotta delle Cazzafre, la Grotta del Brigante, la Grotta del Pozzo, e poi Le Mannute, Lu Vangare e Montelungo.
Certamente il tratto più suggestivo è quello dell’insenatura del Ciolo nei pressi di Gagliano del Capo, un vero e proprio fiordo che si staglia altissimo sul mare e dalle cui rocce alcuni temerari spesso e volentieri decidono di mostrare al mondo le proprie capacità con tuffi spettacolari. Il Ciolo presenta una piccola spiaggia ciottolosa dove ogni estate si affollano i bagnanti, con accesso al mare graduale.
Se siete abili nuotatori oppure se volete fare una gita in barca nei pressi, raggiungerete alcune grotte vicine: la Grotta delle Prazziche lunga quaranta metri ha portato alla luce manufatti neolitici ed ossa di rinoceronte; la Grotta Grande (o Grotta dei Passeri o Grotta degli Spiriti) è profonda cento metri e alta trenta e mostra all’interno un graziosissimo laghetto con acque che si colorano con sfumature rosse e verdi, un laghetto di acqua dolce che attinge da una sorgente. A dispetto del nome anche la Grotta Piccola è profonda un centinaio di metri.
La “Costa di Ponente” di Leuca, sul mar Ionio, nei pressi di Punta Ristola potete scendere a piedi presso la Grotta Porcinara, alta 15 metri e profonda 30, rifugio dell’uomo in epoca messapica e romana dall’VIII al II secolo avanti Cristo, fu utilizzata da entrambi i popoli come luogo di culto.
Poco distante si trova la Grotta del Diavolo, che porta questo nome per i cupi rumori che talvolta emana dovuti al rifrangersi del moto ondoso al suo interno. Anch’essa è profonda solo 30 metri e, come la Grotta di San Cristoforo di cui abbiamo parlato, era considerata un luogo di culto per i marinai greci e latini come testimoniano diverse iscrizioni.

Completano il quadro numerose grotte di piccole dimensioni raggiungibili via mare. La Grotta dei Giganti ha riportato alla luce ossa di pachidermi scambiate appunto per giganti; nella Grotta del Bambino è stato invece trovato un molare di un antichissimo bimbo; è collegata con la Grotta delle Tre Porte che mostra tre differenti accessi al mare; la Grotta del Presepe ha alcune formazioni carsiche che ricordano il classico presepe di Gesù Bambino; nella Grotta Cipollina sono stati rinvenuti utensili preistorici; la Grotta del Drago mostra un particolare scoglio che assomiglia alla testa di un drago; citiamo infine la Grotta degli Innamorati, la Grotta della Stalla e la Grotta del Fiume.

Grotte a Porto Selvaggio
Sempre sullo Ionio all’altezza della costa di Nardò alcune cavità rocciose si sviluppano nell’area compresa tra Porto Selvaggio e la Baia di Uluzzo. Già a Porto Selvaggio si può raggiungere facilmente a nuoto, sul fianco sinistro della baia, una piccola grotta.
Presso la Baia di Uluzzo sorgono poi altre grotte la più importante delle quali è la Grotta di Capelvenere, così chiamata per via di una pianta che cresce nei suoi pressi nota come felce di capelvenere. Come in molte altre, anche qui sono stati rinvenuti reperti di epoca messapica e romana.
Grotte a San Foca
Altre grotte sorgono nei pressi di San Foca, nell’alto Adriatico. La Grotta degli Amanti è così chiamata perché secondo la tradizione qui un tempo vi trovarono rifugio due innamorati e in primavera il vento suona come se ancora si sentissero i loro sospiri.
Bellissime per spettacolarità sono infine le Grotte della Poesia a Roca Vecchia, subito a sud di San Foca. Si caratterizzano per essere molto frequentata dai bagnanti nel periodo estivo grazie alla facile balneabilità e all’accesso direttamente via terra. “Poesia Grande” e “Poesia piccola” sono grotte i cui tetti sono crollati, mantenendo delle strisce di rocce e per il resto mostrandosi a cielo aperto, per uno scenario dal fascino irresistibile.

immagine in evidenza: By Teo from Emilia Romagna, Italy (puglia01Uploaded by Herzi Pinki) [CC-BY-2.0], via Wikimedia Commons.