I Frantoi Ipogei

Il Salento ha tanto da raccontare a chi è appassionato di arte e storia, o a chi magari è solo curioso di scoprire qualcosa di più di questa terra magica, sempre più apprezzata dai turisti italiani e stranieri. Al suo interno infatti, non ci si limita soltanto a spiagge da cartolina e movida notturna, ma è possibile accedere ad unserbatoio culturale davvero prezioso e tutto da scoprire.

“Miniere d’oro verde” si nascondo nel sottosuolo salentino. No, non è una bizzarra notizia dell’ultima ora, anzi è antichissima e fa riferimento alla rete di quei frantoi ipogei che producevano il pregiato olio d’oliva a partire dai frutti esclusivi dei maestosi ulivi secolari, alberi sacri e leggendari nelle varie epoche della storia umana.

Il perché la maggior parte di questi centri di produzione fosse scavato nella roccia, è presto spiegato: a seguito dei contatti coi Bizantini nel IX secolo, l’economia e il commercio dell’olio (non solo esportato, ma anche condimento base dell’alimentazione contadina) prese il posto di quella del grano (perciò i “trappeti” sorsero sulle rovine dei granai d’età messapica); inoltre l’ambiente sotterraneo assicurava una migliore conservazione del prezioso liquido, oltre a mettere la “ciurma” al riparo dagli sguardi indiscreti dei nemici.

Frantoio Ipogeo – Di Sergio LimongelliFlickr, CC BY-SA 2.0

Certo, non siamo su una nave, ma la terminologia del suo equipaggio veniva usata per indicare i vari attori del processo: se la “ciurma” era la squadra degli operai (detti anche “trappitari”), il supervisore era il “Nachiro” (il padrone della nave). I primi lavoravano ininterrottamente nel periodo compreso, all’incirca, tra novembre e maggio, durante il quale vivevano stabilmente all’interno dei frantoi, allontanandosi (quelli più vicini alla rispettiva abitazione) solo per le feste comandate.

Questi ambienti erano originariamente stati creati per la conservazione del grano, ma dopo il contatto con la cultura Bizantina, avvenuto all’incirca nel IX secolo, si decise di cambiare e dedicarsi al più complesso e redditizio commercio dell’olio. Il quale veniva soprattutto esportato verso le grandi città europee ed utilizzato come combustibile per illuminare le strade, o come ingrediente per realizzare il sapone.

Solo in minima parte l’olio del Salento veniva impiegato dai contadini per uso alimentare, esso infatti veniva soprattutto esportato verso le grandi città d’Europa, come Oslo, Parigi, Londra e Amsterdam, come combustibile in grado di generare illuminazione oppure come ingrediente fondamentale per la produzione di sapone: Con il passare dei secoli e l’avvento dell’energia elettrica, diventò uno degli ingredienti di base della cucina pugliese e salentina. 

Non solo gli uomini, ma anche gli animali popolavano il “trappeto”: per loro c’erano degli ambienti adibiti a stalle, mentre in altri erano collocate le “sciave”, depositi per le olive raccolte, prima che fossero schiacciate dalla ruota (fatta girare da un mulo bendato) e sottoposte, infine, alla pressatura (dopo aver fatto riposare il composto nei “fisculi”).

La leggenda vuole che ad animare il frantoio fossero anche speciali esseri, né umani né animali, i cosiddetti “uri”, descritti come folletti dispettosi e fastidiosi.

Se l’esistenza di queste creature si perde nelle trame del mito, storica e documentata è la presenza dei “trappeti” in vari centri del Salento. Se volete ammirare questi antichi strumenti, alcuni dei quali perfettamente conservati, vi proponiamo un piccolo itinerario nella terra salentina.

 

I frantoi ipogei del Salento – Itinerario

GALLIPOLI

A Gallipoli si trova l’unico dei 35 frantoi risalenti al 1600, interamente ristrutturato, ospitato dal sottosuolo di Palazzo Granafei (che prende il nome dai proprietari ottocenteschi, ma è di fattura rinascimentale) in via Antonietta De Pace, tra le stradine del centro storico e si presenta con la sua imponente struttura, interamente scavata a mano nel carparo.

Frantoio Ipogeo a Gallipoli

Potete visitare i 200 mq sotterranei, lungo i quali sono ancora presenti le attrezzature originarie destinate alla lavorazione delle olive, gli ambienti per la loro conservazione, le stalle degli animali e gli ambienti dedicati al risposo dei lavoratori.

PRESICCE

Presicce, fra ‘700 e ‘800, era addirittura nota come “città sotterranea”, a causa dell’alto numero di frantoi ipogei (oltre 30), nascosti sotto la piazza principale, che producevano quell’olio lampante destinato ai mercati di tutta Europa, ma anche all’illuminazione locale. Un caso unico, forse dovuto alla presenza di varie falde acquifere superficiali.

Altri centri rinomati per la produzione dell’olio erano Morciano di Leuca (con una ventina di frantoi) e Sternatia.

STERNATIA

All’ingresso del centro storico di Sternatia, un paese immerso nel cuore della Grecia Salentina, potrete continuare il vostro itinerario alla scoperta dei frantoi ipogei del Salento. Qui troverete il frantoio ipogeo Granafei, l’unico della zona ad essere ancora perfettamente visitabile e in buono stato.

Frantoio Ipogeo a Sternatia

Esso faceva parte di una rete di diciannove frantoi, tutti collegati tra loro da camminamenti sotterranei. Potrete notare come esso risulti diviso in diversi ambienti: due dedicati alla spremitura, due allo scarico degli scarti e due contenenti tavoli da pranzo. Fu utilizzato sino all’inizio del XIX secolo.

NOHA

A Noha (frazione di Galatina), c’è il frantoio del Casale (da recuperare), proprio davanti al portone del Castello: un ambiente di 300 mq che ospita un sedile scavato nella roccia ed ha una volta ricoperta da stalattiti.

VERNOLE

A Vernole, infine, nei sotterranei di piazza Vittorio Veneto si nasconde il frantoio Caffa del 1500: le sue macine e i suoi torchi risalgono al 1500 e secondo le testimonianze scritte, esso restò in funzione fino agli inizi del 1900, dopodiché fu abbandonato e riempito di terra.

Frantoio Ipogeo a Vernole

E’ stato poi ristrutturato nel 1999. Il suo recupero è stato totale ed esso conserva ancora oggi tutte le sue affascinanti caratteristiche architettoniche. Potrete visitare il suo interno ed assistere alle tecniche e ai metodi di lavorazione delle olive, proprio come avveniva nel 1500.

La foto è di proprietà della Proloco di Torre Santa Susanna http://www.prolocotorre.it/Trappeti.html

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