I Monumenti di Lecce

L’Anfiteatro RomanoIl Castello Carlo VIl SedileLe PorteAltri Monumenti

 

L’ANFITEATRO ROMANO

Il titolo di questo articolo non è proprio esatto, giacché scavi scientifici recenti ne stanno riportando alla luce un secondo nella dolina naturale al centro di Rudiae, l’antica città messapica.

Quest’ultimo, rispetto a quello più conosciuto sito in Piazza Sant’Oronzo, d’età augustea (I-II secolo d.C.), sarebbe più “anziano”, risalente al III secolo a.C., come dimostrerebbero anche i sedili in legno poggianti su un terrapieno, e non su strutture sotterranee dotate di volte a botte.

Ma lasciamo che i lavori di recupero facciano il loro corso e, nell’attesa di poter definire Lecce, in modo conclamato, un caso unico in Italia (a pari merito con Roma, per la presenza di una coppia di anfiteatri romani), approfondiamo la conoscenza del “fratello” maggiore e più famoso.

È situato in piazza Sant’Oronzo, come si è detto, all’estremo lembo orientale dell’antica colonia romana di Lupiae, e fu oggetto di scoperta agli inizi del 1900, su sollecitazione dell’archeologo Cosimo De Giorgi, mentre veniva innalzato il palazzo della Banca d’Italia.

Oggi, il visitatore è portato ad abbassare lo sguardo a 8 metri di profondità dal livello della piazza soprattutto durante il periodo delle festività natalizie, quando nell’arena di forma ellittica viene allestito un suggestivo presepe artistico con statue in cartapesta alte circa un metro e mezzo. Ma se quello spazio potesse parlare, avrebbe tanto da raccontare in ogni stagione. Forse narrerebbe com’era, in origine, e come poi è diventato, o meglio cos’è rimasto degli antichi fasti, di quando poteva accogliere oltre 20mila spettatori.

Di visibile, allo stato attuale, c’è solo la terza parte della struttura originaria, per il resto sepolta sotto la chiesa di Santa Maria della Grazia. L’occhio riesce a scorgere l’arena, ma non nella sua totalità, e, delle due gradinate, quella inferiore. Ma ora proviamo a darvi un’idea completa di com’è fatto.

La costruzione è in parte scavata nel tufo, per il resto sorge su imponenti arcate. Arena e gradinate sono separate da un muro abbastanza alto con fregi marmorei sul parapetto, riportanti scene di combattimento fra uomo e animale. Completano la struttura due corridoi concentrici che correvano sotto le gradinate, facilitando il deflusso degli spettatori, collegandosi infine con un porticato anulare all’esterno.

Tra i reperti venuti alla luce, si segnalano le statue custodite nel Museo “Sigismondo Castromediano”: quella di “Amazzone ferita” e la testa di un “Efebo”.

 

IL CASTELLO CARLO V

Foto di Franco Mantegani

Non inganni il rigore dell’apparato esterno. Il Castello di Carlo V, su viale XXV luglio a Lecce (nei pressi di piazza Sant’Oronzo), nasconde un’anima delicata, per via dei motivi ornamentali che la decorano.

Ma andiamo con ordine e ricostruiamone innanzitutto la storia. Fu proprio il sovrano spagnolo, cui il castello è intitolato, ad ordinarne la realizzazione, in quel periodo in cui si rendeva necessaria una riorganizzazione urbana generale, per difendere Lecce dalle invasioni nemiche.

Così, nel 1539, la direzione dei lavori fu affidata all’architetto salentino Gian Giacomo D’Acaya che si trovò a dover operare, però, su una preesistente struttura fortificata, quel corpo centrale visibile ancor ora di epoca normanna (anteriore al periodo di Carlo V è anche la Torre Quadrata del XIV secolo). L’opera sarebbe stata conclusa solo nel 1579, ma già nel 1549 i leccesi sentirono di dover ringraziare il sovrano e lo fecero con la costruzione dell’Arco di Trionfo (conosciuto, oggi, come Porta Napoli).

Maestoso il riconoscimento a Carlo V, certo, ma non invidiabile dall’aspetto del Castello, una volta concluso, con i suoi tre piani (i sotterranei, il piano col cortile e quello superiore), il suo impianto trapezoidale e i quattro bastioni, ognuno con un “nome proprio”: quello di S. Croce, di S. Martino, S. Giacomo e S. Trinità. Due le porte d’ingresso: la “Porta Reale”, quella principale, sormontata dallo stemma in pietra di Carlo V, mentre la “Porta Falsa” guarda alla campagna, ma entrambe erano completate da un ponte levatoio, poi eliminato nel 1872, quando venne colmato anche il fossato, dove una leggenda racconta che gli Orsini del Balzo vi tenessero un orso bianco per spaventare eventuali nemici invasori.

In quello stesso periodo, precisamente a partire dal 1870 e fino al 1979, il Castello fu adibito a distretto militare, per poi essere riconvertito in sede dell’Assessorato alla Cultura e centro culturale nel 1983.

Oggi, infatti, la struttura ospita interessanti iniziative e mostre, oltre ad accogliere, al suo interno, anche il Museo della Cartapesta, dal 2009. Lì, in bella evidenza, sono circa 80 opere di artisti locali ed internazionali, contemporanei e del passato (risalendo indietro fino al 1700): Gallucci, Guacci, Pantaleo, Indino Malecore, Errico, Capoccia, Mazzeo, Caretta, Lucia Barata e Emilio Farina.

L’ingresso al Museo è gratuito, così come quello al Castello, e gli orari di apertura al pubblico sono: 9-13 /16.30-20 (per il Museo); 9-13 / 17-21 (per il Castello).
Vi suggeriamo di visitare il sito http://www.opendays.viaggiareinpuglia.it/ (che illustra un progetto, a cura della Regione, di aperture straordinarie e gratuite dei principali beni culturali di Puglia) se siete interessati a visitate guidate, completamente gratis, del Castello e del Museo della Cartapesta.

Foto di proprietà di Archeosalento.it

 

IL SEDILE

Edifici storici e parte dell’anfiteatro di Lecce

Foto di Franco Mantegani

Il Palazzo del Seggio o Sedile è disposto su due piani: con una graziosa loggia formata da tre archetti al piano superiore, e il piano inferiore presenta un grande arco ogivale.
All’interno vi era un accesso a due ambienti posteriori di servizio e affreschi sulla vita di Carlo V.

In questa costruzione si conservavano le munizioni della città, poi fu sede del Municipio, fino al 1851, poi della Guardia Nazionale e poi, alla fine dell’Ottocento, fu sede del Museo civico. Oggi è adibito per mostre d’arte ed esposizioni.

 

LE PORTE

Foto di Franco Mantegani

Mentre ci si avvicina al magnifico centro storico disseminato di splendidi esempi di arte barocca, è impossibile non notare le sue maestose ed antiche porte. Si tratta delle porte di ingresso che un tempo rappresentavano i confini della città, fatte costruire da Carlo V lungo le mura difensive.

Originariamente erano quattro, ma oggi ne restano solo tre dal momento che la famosa Porta San Martino è andata distrutta nell’Ottocento e non ne resta più alcuna traccia. Era posizionata al centro di Via Matteotti e segnava la strada che conduceva alla marina di San Cataldo.

Le bellissime porte che invece potete ancora oggi visitare sono Porta Napoli, Porta Rudiae e Porta San Biagio. Vi consigliamo di parcheggiare l’auto nei pressi di una di esse, dal momento che il centro storico è a traffico limitato per buona parte della giornata. Tre maestosi ingressi che vogliono quasi preannunciare e allo stesso tempo custodire il grande tesoro che si trova al loro interno.

PORTA S. BIAGIO
Questa porta, dedicata a San Biagio, fu fatta costruire nel 1774 da un vescovo. E’ formata da un solo arco e la sua facciata è scolpita con minuziosi dettagli tra i quali spiccano i due stemmi di Lecce. Sulla sommità si erge maestosa una statua in pietra raffigurante San Biagio, e da qui la popolazione si recava al Parco, antico luogo di intrattenimento e svago.

PORTA NAPOLI

Porta Napoli sorge nell’omonima piazza e fu eretta, nel 1548, in onore dell’imperatore Carlo V, su disegno di Giangiacomo dell’Acaja, dalla cittadinanza grata per le opere di fortificazione fatte realizzare in difesa di Lecce. Presenta un arco fiancheggiato da una coppia di colonne per lato, con capitelli compositi, che reggono un timpano triangolare. In esso sono scolpiti l’aquila bicipite, stemma dell’Impero austro-spagnolo, un doppio colonnato e i cannoni.

Fu realizzata nel 1548 per celebrare una visita in città (che poi non avvenne) da parte di Carlo V. E’ alta circa venti metri e fu concepita come ringraziamento nei confronti dell’imperatore da parte della città, dal momento che aveva fatto costruire per Lecce numerose opere di fortificazione e difesa.

Viene chiamata anche Arco di Trionfo ed è dominata da un frontone triangolare che racchiude lo stemma e le armi asburgiche, con l’aquila a due teste che simboleggiano la sovranità. Porta Napoli rappresentava anticamente l’elemento più emblematico delle cinta murarie ed un ingresso privilegiato della città. L’iscrizione latina che è possibile leggere, intende ricordare le gloriose gesta dell’imperatore.

PORTA RUDIAE

Porta Rudiae venne chiamata così perché da essa iniziava la strada per la città di Rudiae.
La porta originale crollò verso la fine del 1600  ma fu generosamente ricostruita nel 1703 da un patrizio leccese. La porta è sormontata nella sua parte più alta da una statua che raffigura Sant’Oronzo e lateralmente dalle statue di Sant’Irene e San Domenico.
La statua di Sant’Oronzo è in alto sull’epigrafe dedicatoria dove si narra la leggendaria origine di Lecce, mentre sull’architrave è possibile vedere i busti dei mitici fondatori della città: Euippa sposa di Idomenco, Malennio re dei Salentini e fondatore della città, Dauno figlio di Malennio e Idomeneo che secondo la leggenda, avrebbe dato il nome alla città.

Porta Rudiae rappresenta l’ingresso principale alla città e rivestì questo importantissimo ruolo fino a quando non fu realizzata la strada nuova passante per Porta Napoli.

 

ALTRI MONUMENTI

Teatro Paisiello
Intitolato al celebre musicista tarantino Giovanni Paisiello,  venne inaugurato nel 1758. Donato al Comune di Lecce, che vi subentrò nel 1867, che gli sembrò non del tutto consono alle ambizioni artistiche della città, tanto da disporre la ricostruzione di pianta.
L’inaugurazione avvenne nel 1870, in concomitanza con le celebrazioni per la capitale d’Italia. Adornano il peristilio i busti in marmo del Paisiello e di Leonardo Leo, altro noto musicista di S. Vito dei Normanni.
Il Teatro, attualmente in fase di restauro.

Teatro Romano
Fu scoperto nel 1929. È di età augustea ed è costituito da una cavea del diametro di 19 metri, divisa in sei sezioni da scalette disposte a raggiera.
L’orchestra è pavimentata in pietra ed è divisa dalla cavea da un parapetto in pietra e dalla scena da un canale. Si presume contenesse 5.000 spettatori.
Le dodici gradinate, un tempo platea, sono divise da scalette radiali e la base a grandi lastroni di pietra, è contornata da tre grandi gradini che probabilmente fungevano da posti riservati alle autorità del tempo.
Alcune sculture marmoree ritrovate durante gli scavi, sono ora custodite presso il Museo Provinciale della città.

Torre del parco
Fu costruita, verso la metà del quattrocento, per il principe che vi aveva fatto realizzare una zecca.
Sugli archi di accesso vi sono due stemmi: quello degli Asburgo e quello dei conti Romano, che nel secolo scorso acquistarono la struttura.
La Torre è una costruzione tozza e massiccia dalla forma cilindrica che il conte di Lecce e principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini volle, a difesa di alcuni suoi possedimenti, fornita di fossato e di ponte levatoio.
Tutto intorno si estendevano giardini adornati di fontane e viali.

L’episcopio  
È diviso in tre piani: il piano terra è in bugnato scandito da pilastri aggettanti tra i quali si schiudono in modo alternato aperture ad arco; il secondo piano e costituito da un portico arcuato; il terzo, arretrato a formare un balcone balaustrato, presenta una serie di finestre.
Il corpo centrale contiene uno dei primi orologi pubblici.

Seminario  
La facciata è divisa in tre piani: i primi due, in bugnato, sono scanditi da paraste che, per tutta l’altezza dei due piani, inquadrano una successione di finestre. Il terzo piano, arretrato a formare un balcone con balaustra, é molto semplice; in esso si aprono, regolarmente, porte sormontate da finestre.

Villa comunale
È stata dedicata a Giuseppe Garibaldi. Fondata da Gaetano Stella, noto medico leccese, ha subito una definitiva sistemazione alla fine dell’Ottocento.
Vi sono collocati i busti dei personaggi più illustri di Lecce e della provincia, eseguiti da diversi scultori.

Fontana dell’armonia
L’artistico monumento venne inaugurato nel 1927. Non può non richiamare l’attenzione di chiunque il gruppo bronzeo che spicca sulla Fontana dell’Armonia, allegoria della giovinezza e dell’amore.
Un bel fascio di canne d’organo, che concorrono ad esprimere la metafora, sostiene i due giovani che si bagnano.Per realizzare l’opera era stato bandito un concorso da parte del Comune, al cui vincitore sarebbe stato assegnato un premio in denaro di duemila lire.
Il primo classificato fu Antonio Mazzotta.

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