I Muretti a Secco

Sono uno dei tratti fisiognomici “rustici” del Salento, di quelli che ne compongono il volto più autentico ed antico che sorride ai visitatori tra il verde del tipico paesaggio di campagna e le sfumature preziose del sole alto all’orizzonte: sono i muretti a secco.

Costituiti da blocchi di pietra messi uno sopra l’altro senza essere cementati, il visitatore può osservarli nel loro habitat naturale “spoglio” o vestito a festa in occasione del periodo natalizio, quando proprio la location rurale viene spesso scelta per ambientare la rappresentazione vivente della Natività. In un caso o nell’altro, basta sedersi sopra, con le gambe a penzoloni, magari all’ombra di un ulivo secolare, per sentirsi parte di quel microcosmo, di quello che è oggi, ma anche di quello che era ieri: il loro nome si legge già nella Bibbia, associato a quello degli altari, poi nella storia delle culture delle varie epoche (con funzione di riparo o di delimitazione di un luogo), fino ad arrivare in Puglia.

Lì, a fine del 1800, la “cartolina” che il turista si sarebbe potuta ritrovare fra le mani avrebbe avuto in primo piano “lli scrasciàli”, ossia i muretti a secco ricoperti dai rovi (“scrasce”), “albergo” per le “sacàre” (le serpi) e “difensori” delle varie colture dal vento. Oggi, l’angolo del Salento che riproduce in maniera più autentica l’antica civiltà contadina, si affaccia lungo il litorale che da località Ciolo (Gagliano del Capo) conduce fino a Santa Maria di Leuca: non un tratto di costa comune, ma raro, compreso nel Parco naturale regionale “Otranto – Santa Maria di Leuca”.

Forse, andando su e giù per quel tratto di versante, incontrerete dei testimoni del passato che potranno darvi informazioni più dettagliate, anche riguardo agli strumenti usati per costruire i muretti a secco: il “patitaru” (il costruttore) si serviva di “puntazze” (grossi chiodi) e dello “zzoccu” (il piccone). Ma spesso, vi diranno, le pietre grezze si presentavano già levigate dall’azione del vento e della salsedine. Ci aveva pensato già la natura, dunque, a vestirle ad arte.

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