Le Chiese di Lecce

LA BASILICA DI SANTA CROCE

Sono tanti, si sa, i maestosi edifici che affollano il cuore antico di Lecce, facendolo pulsare di storia, arte e bellezza, ma ce n’è uno che è un Monumento Nazionale, e non è un modo di dire, perché la Basilica di Santa Croce è stata sul serio riconosciuta tale nel 1906.

Abita in via Umberto I questo massimo esemplare del barocco leccese, lo stile seicentesco di origine spagnola “salentinizzatosi” nell’incontro con la friabile pietra leccese (detta “leccisu”), da cui ha preso vita un’opera “de curtieddu”, come gli abitanti del posto amano definirla in riferimento proprio alla facilità di lavorazione del materiale locale, anche servendosi di una semplice lama di coltello.

La storia. La posa della prima pietra della Basilica di Santa Croce avvenne nel 1549, l’ultima nel 1695. In realtà, la sua storia inizia molto prima, nel 1352, quando Gualtieri VI di Brienne, conte di Lecce, chiese al vescovo Roberto de’ Noha un’area dove l’Ordine dei Celestini, da lui introdotto in città, avrebbe potuto fondare una chiesa, che prese il nome, radicato nella tradizione popolare, di Santa Croce. La zona scelta ricadeva a sud-ovest delle mura del Castello, ma dopo la morte di Gualtieri, e soprattutto nel periodo delle riorganizzazione urbana voluta da Carlo V per potenziare l’apparato difensivo della città, la chiesa si spostò nella sede attuale, dove fu costruito anche un monastero attiguo, oggi riconvertito in palazzo della Prefettura. Nel 1807, infatti, avvenne che fu soppresso l’Ordine dei Celestini e Santa Croce cadde in stato di abbandono, finché un decreto governativo del 1828 ne ordinò il restauro ed affidò il monumento alla Confraternita della SS. Trinità e di S. Filippo Neri.

Ma di chi sono state le mani preziose che hanno plasmato, nel tempo, questo capolavoro dell’arte sacra? I Celestini commissionarono l’opera a Gabriele Riccardi, ma dopo la sua morte giunsero altre collaborazioni: quelle di Francesco Antonio Zimbalo, Cesare Penna (autore del famoso rosone) e Giuseppe Zimbalo. Ognuno, si può dire, diede il proprio contributo ad innalzare il maestoso tempio di bellezza religiosa.

La Basilica di Santa Croce è uno scrigno colmo di pietre preziose, dall’infinità delle quali il visitatore potrebbe risultare disorientato, e per questo vi offriamo dei suggerimenti su dove posare, esattamente, lo sguardo.

All’esterno. Il cartiglio, sul primo dei tre ordini della facciata, che dà indicazioni precise su datazione e titolazione della chiesa: si legge la data del 1582 (fine della prima fase dei lavori) e la dedica al simbolo della Croce (con riferimento all’importante vittoria sui Turchi nella battaglia di Lepanto del 1571). Gli stemmi, che sormontano il portale maggiore, di Filippo III di Spagna, Maria D’Enghien e Gualtieri di Brienne. Il rosone centrale, datato 1646, di stile romanico: posto tra due colonne corinzie, lo decora una corona circolare di foglie d’acanto.

All’interno. L’impianto a croce latina, le cinque navate, le diciotto colonne con capitelli corinzieggianti. L’Altare maggiore e la cupola emisferica terminata nel 1590. L’Altare dedicato a San Francesco di Paola, con dodici bassorilievi che raccontano la vita del santo.

Dopo aver richiuso bene lo scrigno di Santa Croce, per far sì che nemmeno un briciolo del suo splendore si disperda tra le fessure, vi consigliamo di uscire fuori, perché “Biancamente dorato / è il cielo dove / sui cornicioni corrono / angeli dalle dolci mammelle / guerrieri saraceni e asini dotti / con le ricche gorgiere”. A decantare così la città barocca, è il poeta pugliese Vittorio Bodini in un suo componimento che, tratto dalla raccolta “Dopo la luna”, si conclude con la definizione di Lecce “carnevale di pietra” (in riferimento al “leccisu”) che “simula in mille guise l’infinito”.

Gli appassionati d’architettura troveranno ulteriori approfondimenti sul sito ufficiale della Basilica (http://www.basilicasantacroce.eu/), insieme all’indicazione degli orari di apertura e chiusura, delle sante messe, e alla possibilità di effettuare una visita virtuale guidata.

 

IL DUOMO DI LECCE

Il Duomo fu costruito una prima volta nel 1144, poi nel 1230. Fu completamente ristrutturato negli anni tra il 1659-70 da Gustavo Zimbalo a cui si deve l’attiguo campanile.

La facciata principale, con lo sfarzoso portale, è riccamente decorata e presenta ai lati due nicchie con le statue di S. Giusto e Fortunato con al centro la maestosa statua di S. Oronzo.
La facciata laterale, piuttosto semplice sotto il profilo decorativo, si sviluppa in due ordini arricchiti dalle statue di S.Gennaro, di S. Ludovico e dei SS Pietro e Paolo.

L’interno del Duomo, a croce latina, a tre navate divise da pilastri e da semicolonne, è arricchito da dodici altari.
La navata centrale e il transetto sono coperti da uno splendido soffitto ligneo a lacunari intagliati e dorati, risalente al 1685, nel quale sono presenti le tele raffiguranti la Predicazione di S. Oronzo, la Protezione dalla peste, il Martirio di S. Oronzo, realizzate da Giuseppe da Brindisi.
In fondo all’abside (la parte semicircolare sormontata da una semicupola) si può ammirare il pregevole, sontuoso altare maggiore in marmo e bronzo, dedicato a Maria Assunta, con il grande quadro centrale che fu commissionato dal vescovo Sersale ai marmorari napoletani, ai due lati sono raffigurati ‘Il sacrificio di Noè dopo il diluvio’ e il ‘sacrificio del profeta Elia’.

Nel transetto (la navata trasversale delle chiese) il primo altare che si trova è quello del Crocifisso e del Sacramento. Si possono osservare i severi busti dei dottori della chiesa: a destra S. Attanasio, S. Tommaso d’Aquino, S. Gerolamo, S. Ambrogio; a sinistra: S. Giovanni, S. Crisostomo, S. Bonaventura, S. Agostino, S. Gregorio.

Una volta giunti nel cortile interno del seminario, ci si ritrova dinanzi al celebre e pozzo del Cino. Situato sulla sommità di quattro gradini circolari decorati, il pozzo è poi coronato dalla statua di una figura femminile sotto un arco sorretto da amabili putti.
Il campanile del duomo, alto circa 68 metri, a pianta quadrata, è formato da cinque piani coronati da balaustrate, e le pareti sono alleggerite da finestre ad arco pieno, decorate e sormontate da lapidi di grandezza decrescente verso l’alto.

L’ultimo piano culmina con una cupola ottagonale, con quattro pinnacoli a forma di vasi con fiori, questo motivo si ripete al piano sottostante, nei quattro obelischi angolari.

 

CHIESA DEI SS. NICOLÒ E CATALDO

La facciata presenta un ricco portale, un rosone e statue di santi su mensole. L’interno è a tre navate e transetto coperto da cupola ellittica. È una chiesa medievale, fondata nel 1180 da re Tancredi, che la donò ai benedettini, poi passò agli olivetani.
CHIESA DEL CARMINE – ex convento dei Carmelitani

La facciata è divisa in tre ordini: il primo presenta il portale centrale con architrave arcuata e medaglione con la Vergine del Carmine e nicchie con statue ai lati.Il secondo ordine riprende i tratti essenziali del primo: la grande finestra al centro e nicchie con statue ai lati. Il terzo ordine è sintesi di tutta la struttura. La pianta è centrale e riproduce la forma del piede umano. L’interno ha tre cappelle per lato, un transetto coperto da una cupola a squame verdi e bianche, e un profondo presbiterio.
Attiguo alla chiesa vi è il convento dei carmelitani.

 

CHIESA DI S. MARIA DEGLI ANGELI

È cinquecentesca. Il prospetto è caratterizzato da un portale d’ingresso fittamente decorato e sormontato dalla scultura in pietra, raffigurante la ‘Vergine con Bambino, incoronata e decorata da Angeli’ e due finestre simmetriche nell’ordine inferiore; nell’ordine superiore, una finestra, centrale, sormontata dallo stemma della famiglia Maremoti e da archetti pensili, che corrono lungo tutto il profilo esterno della fabbrica, due finestre in corrispondenza di quelle inferiori.  L’interno è a tre navate e nel settecento venne rifatto il pavimento, furono rivestite di stucco le navate, le colonne, i capitelli e furono aggiunti diversi altari.

 

CHIESA DI S. MARIA DELLA PROVVIDENZA

Il prospetto è diviso in tre ordini: il primo presenta un sobrio portale e quattro nicchie laterali, con santi, scandite da paraste corinzie; il secondo presenta una finestra centrale e due nicchie laterali, anch’esse con santi e separate da paraste corinzie; il terzo è semplice, coronato da timpano classico.
L’interno ha una sola navata su cui si aprono tre cappelle per lato; particolari le acquasantiere di marmo.

 

CHIESA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA

Fondata da Anacleto II e il Monastero delle Benedettine.
Il prospetto si presenta con una grande apertura profonda, chiusa da una cancellata. In alto, la statua di S. Benedetto, la terminazione a cuspide e dietro, la torre campanaria risalente alla prima metà del Cinquecento. L’interno è sfarzoso: il soffitto ligneo a lacunari intagliati, l’altare maggiore settecentesco, il pavimento maiolicato.

 

CHIESA DI S. ANGELO

L’ antica costruzione risale al 1061, quando le mura cittadine delimitavano un perimetro più angusto. Poi, Carlo V, ne decretò l’ampliamento e S. Angelo vi fu compresa. La Chiesa venne ricostruita due volte: una prima attorno al 1300 e poi, interamente rifatta, nel 1663. Lo stile è tipicamente barocco con la consueta dovizia di elementi decorativi: festoni di fiori, angeli, colombe, nicchie e cornici aggettanti.
Il bel portale, compreso tra due colonne scanalate, è concluso dalla porta bronzea del 1750. Lo sovrasta una lunetta con l’immagine della Madonna col Bambino tra angeli, a tutto tondo, di egregia fattura.
L’impianto della Chiesa è a croce latina e a tre navate; i volumi, sobriamente risolti, vengono fusi in un perfetto equilibrio unitario. Undici in tutto gli altari, compreso quello maggiore e dedicati da destra a:l’Annunciazione, tela antica restaurata da non molto da Gaetano Stano, la Madonna del Rosario, tela di F. Salcino, S. Antonio di Padova, grande tela di Raffaele Verri, S. Rita, bella tela di Domenico Gargiulo, la Vergine Addolorata, statua in cartapesta modellata dallo scultore leccese A. Maccagnani (1831). L’ altare maggiore è dedicato alla Madonna di Costantinopoli con la tela di grandi dimensioni che figura sulla parete dell’abside; lateralmente sui muri perimetrali i dipinti minori con gli episodi biblici di David che trionfa su Golia, Abigail e David a destra; il Serpente di bronzo, Giuditta che uccide Oloferne a sinistra, opere di Serafino Elmo, S. Antonio Abate, tela di Alessandro Calabrese che rappresenta il Santo mentre ascolta la voce del Signore, S. Nicola da Tolentino statua in pietra, S. Michele Arcangelo, statua in pietra che lo raffigura nell’atto di colpire il simbolo del male, l’Immacolata, statua in cartapesta del Maccagnani ricoperta di abito e manto trapunti in oro, S. Tommaso da Villanova, dell’ordine agostiniano; statua in pietra.
Da segnalare le magnifiche tele col Giudizio di Salomone, in alto sulla parete destra della navata centrale e, di fronte, su quella di sinistra Salomone che adora gli idoli alla presenza della regina di Saba, entrambe di scuola napoletana.
Nei locali della sacrestia si conserva un’Assunta da attribuirsi a Luca Giordano o ad Andrea Coppola.

 

CHIESA GRECA

Costruita nel 1765, su disegni di Francesco Palma, Lazzaro Marsione, Lazzaro Lombardo e Vincenzo Carrozzo. Importanti, all’interno, i numerosi dipinti su tavola, con iscrizioni greche.

 

CHIESA DEL GESÙ O DEL BUON CONSIGLIO

La chiesa del Gesù fu costruita nel 1575 sull’antica chiesetta di San Nicolò di rito greco, rifacendosi al modello dell’omonima chiesa romana. All’esterno sul portale dell’edificio si può notare lo stemma della Compagnia di Gesù mentre all’interno, concepito come uno spazio unico con un transetto appena accennato, si possono ammirare alcune pregevoli tele di scuola napoletana. Le cappelle sono dedicate all’Assunta , alla Visitazione dei Magi, al Crocifisso, alla Vergine e ai SS. Luigi, Ignazio e Stanislao con buona tela di Serafino Elmo, a S. Bernardino Realino, altare questo ultimo attribuito con ragione a Francesco Antonio Zimbalo, con dipinto di De Giovanni (1897) e la statua del Santo i cui resti sono ivi conservati in urna; e ancora, dalla parte sinistra, superato l’altare maggiore, da ammirare le cappelle dedicate alla Madonna del Buon Consiglio, all’Annunciazione della Vergine, con tela di Girolamo Imperato, a S. Michele, a S. Girolamo nel deserto, alla Madonna di Loreto, con statua in pietra dipinta in oro. L’altare, contenuto nella splendida abside a conca, esibisce colonne tortili dal forte impianto, artisticamente istoriate con tela della Circoncisione di Jacopo Robusti e, su mensole, le statue in pietra degli Evangelisti; dentro nicchie sono i dipinti di Oronzo Letizia di Alessano con i quattro dottori della chiesa.
In alto l’Incoronazione della Vergine di Oronzo Tiso (1729-1800).
Di egregia fattura gli stalli lignei del coro intagliati ad angeli e motivi fogliari.
Tra le non poche tele di valore raccolte nella Chiesa: le Storie di Giuseppe Ebreo dinanzi al faraone di Antonio Verrio, collocate sulla parete del transetto di destra e di sinistra, e quelle di Giuseppe da Brindisi (14 in tutto), entro cornici mistilinee che figurano nel soffitto a lacunari, descrittive della vita di S. Ignazio e della Compagnia di Gesù.

 

CHIESA DI S. ANTONIO DELLA PIAZZA

Il prospetto attuale è settecentesco, costituito da due ordini, con il portale al centro, a cui corrisponde una finestra nella parte superiore, e le statue di S. Antonio e S. Giovanni da Capistrano ai lati.
La pianta è a croce latina. L’interno ad un’unica navata, con tre cappelle per lato, comunicanti e contenenti altari.

 

CHIESA DI S. CHIARA piazzetta Vitt. Emanuele, 11

La facciata è incompleta, divisa in due ordini: quello inferiore, diviso in quattro parti da paraste corinzie, presenta un ricco portale centrale, sormontato dallo stemma dell’ordine Serafico e nicchie laterali, vuote, adornate con medaglioni. Quello superiore, tripartita, mostra una finestra al centro e nicchie laterali, anch’esse vuote e riccamente decorate. Il disegno si attribuisce a Giuseppe Cino, ma è probabile che il progetto sia del Larducci.
L’interno è ad una sola navata ottagonale, con sei cappelle, tre per lato, affiancate da paraste corinzie; sopra gli archi delle cappelle si notano le grate attraverso cui le monache seguivano la messa; al piano superiore finestre e nicchie con statue, scandite da paraste. La copertura è piana.

 

CHIESA DI S. MATTEO via Perroni, 29

Il prospetto, attribuito all’architetto Giovann’Andrea Larducci, presenta la parte inferiore convessa e la parte superiore concava.
Inoltre l’ordine inferiore, squamato, è caratterizzato da un elaborato portale, sormontato dallo stemma dei francescani; quello superiore, levigato, ospita una grande trifora. La pianta è ellittica.
L’interno è delimitato da cappelle ad arco, contenenti ricchi altari. In corrispondenza delle cappelle, si susseguono, nel piano superiore, una serie di bifore e sopra queste delle finestre. Il soffitto è stato rifatto agli inizi del secolo.

 

CHIESA DI S. MARIA DELLA GRAZIA

La facciata è classicheggiante, divisa in due ordini, tripartiti da colonne e paraste corinzie. La parte centrale dell’ordine inferiore, sormontata da un timpano ad arco, contiene il portale; la corrispondente parte superiore, terminante con un timpano triangolare, contiene una finestra balconata. Le parti laterali presentano le nicchie, con statue quelle inferiori, vuote quelle superiori. La pianta è a croce latina. L’interno è ad una navata, coperta da soffitto cassettonato.

 

CHIESA DI S. IRENE – ex convento dei Teatini via Vittorio Emanuele

S. Irene era venerata come la patrona della città, prima che la devozione passasse a S. Oronzo, quindi la chiesa è molto sontuosa.
L’ordine inferiore è diviso in cinque spazi: quello centrale è occupato dal portale, sormontato dalla statua della Santa, sotto un’arcata semicircolare, quelli laterali sono occupati da nicchie vuote. L’ordine superiore, completato da un frontespizio triangolare, che contiene lo stemma della città, è tripartito: al centro una grande finestra, lateralmente nicchie vuote. La trabeazione presenta un’iscrizione: ‘Irene virgini et martiri’. La pianta è a croce latina.
L’interno è ad una navata con tre cappelle per lato, comunicanti.

 

LA CHIESA DI S. ANNA E L’EX-CONSERVATORIO

Fu per adempiere alla volontà testamentaria del marito, Bernardino Verardi, sindaco di Lecce nel 1679, che la nobildonna Teresa Paladini fece erigere Chiesa e conservatorio. La finalità dell’intera costruzione, che si protrasse dal 1684 al 1764, per rimaneggiamenti e mancanza di fondi, anche dopo la scomparsa della Paladini, era quella di assicurare alle nobili leccesi, che avessero desiderato ritirarsi dal mondo, un sicuro rifugio ed un luogo di meditazione.Temporaneamente chiuso al culto per restauri, il tempio fu riaperto nel 1965. Al contrario il conservatorio, da molti anni abbandonato, è in condizioni di deplorevole degrado. Il prospetto della Chiesa merita di essere apprezzato per la lineare semplicità che si riassume nei due parallelepipedi sovrapposti, nel timpano e nella volta a capanna.Le nicchie sulla facciata di S. Anna contengono le statue di S. Pietro a destra e di S. Paolo a sinistra; in alto, al centro, quella della titolare del tempio a mezzo busto e, lateralmente, le altre di S. Andrea e di S. Giovanni Evangelista.
L’interno, ad unica navata, crea con la presenza di appena cinque altari, la linearità esemplare degli archi che li anticipano nella modulazione a tutto sesto, ed i matronei le cui balconate s’incurvano come quelli dei palazzi leccesi, un’atmosfera di raccoglimento devozionale che era poi lo scopo di coloro che si erano congregate nel confinante cenobio. Le cappelle sono dedicate, partendo da destra, a: S. Barbara con tela espressiva che ne descrive il martirio, la Visitazione della Vergine, pure con buona tela, S. Anna tra sante e il Redentore (altare maggiore) col bel dipinto di Giovanni Stano e i monumenti sepolcrali dei fondatori della Chiesa nelle pareti del presbiterio, colmi di simbologie scultoree e meritevoli di essere studiati a parte anche per le epigrafi che li accompagnano, S. Francesco di Paola con busto scolpito in pietra, Natività del Signore con altro dipinto.

 

CHIESA DI S. TERESA

Il prospetto è incompiuto; diviso in due ordini: quello inferiore presenta il portale centrale, inquadrato da tre colonne corinzie a fusto scanalato, e lateralmente due nicchie con le statue di S. Giovanni Evangelista e del Battista; in quello superiore si apre la finestra centrale tra decorazioni laterali con forte effetto plastico.
L’interno è a una sola navata e un breve transetto.

 

CHIESA DI S. ANNA

Il prospetto molto semplice è diviso in due ordini, che si corrispondono: quello inferiore presenta il portale al centro e due nicchie di Santi, incorniciate da paraste lisce, ai lati; quello superiore presenta la finestra al centro e le due nicchie ai lati. Termina con un timpano triangolare.
L’interno è a una sola navata in cui si aprono quattro cappelle per lato. Il soffitto è ligneo con motivi geometrici e gli stemmi delle famiglie nobili ai quattro lati.

CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA-ex convento dei Domenicani

È stata realizzata nel 16890-91. Il prospetto è diviso in due ordini da una balaustra con statue; in basso, il grande portale centrale è sormontato dalla statua di S. Domenico di Guzman ed è fiancheggiato da due colonne scanalate a spirale, con capitelli decorati; in alto, la grande finestra centrale è fiancheggiata da trofei di fiori; un’altra balaustra divide il secondo ordine dal timpano dal grande effetto plastico.
La pianta è a croce greca e all’interno, lungo tutto il perimetro, presenta ricchi altari. Il Pulpito è l’unico ad essere realizzato in pietra leccese. La copertura è a capriate lignee; la realizzazione della cupola fu sconsigliata per le grandi dimensioni della campata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *