Il Castello e L’Osanna – La Cattedrale – Le Chiese – Mappa
Le origini di Nardò risalgono attorno al VIII- III sec a.C. quando fu un centro dell’antica civiltà dei Messapi. La città prese il nome di Nerito (dal greco antico nar, cioè acqua), poi sotto i Romani divenne Neretum e fu eletta centro balneare a causa dell’Emporium Naunia (che era presso l’odierna S. Maria al Bagno), infine divenne l’attuale Nardò. Nel 269 a.C., la cittadina fu conquistata dai Romani e attraversata dalla famosa Via Traiana, che costeggiava tutta la riviera Ionica.
Dopo la caduta romana, Nardò passò sotto il dominio dei Bizantini dal VI all’XI secolo e ciò portò alla presenza dei monaci Basiliani, che diffusero una nuova tipologia di costruzione in grotte. I Normanni si impossessarono della città nel 1055 e dal 1266 subentrarono gli Angioini, i quali svilupparono il feudalesimo. Tuttavia rimasero molto più a lungo le influenze della cultura bizantina tanto che la lingua e la liturgia greca persistono nei secoli fino al 1577, quando per ordine del Concilio di Trento il rito greco fu definitivamente soppresso. Nel 1497 il feudo di Nardò fu assegnato ad Andrea Matteo Acquaviva, il cui figlio, Belisario, ne divenne duca. La figura di Belisario è celebre fu umanista e mecenate della città dando così inizio al lungo possesso degli Acquaviva protrattosi fino agli inizi del sec. XIX quando il feudalesimo fu destituito e che vide anche momenti molto cruenti come durante il Seicento quando Gerolamo Acquaviva seminò terrore facendo assassinare il barone Pietro Sambiasi e sei sacerdoti della cattedrale a seguito di un tentativo di rivolta filofrancese dei neretini, ma di fatto assicurando Nardò agli Acquaviva ancora per diversi secoli.
Nel corso della sua storia, Nardò ha avuto un’intensa vita culturale, animata dalla cultura e da grandi talenti quali Antonio De Ferraris, detto il Galateo, e Ruggero Pazienza, autore del “Balzino”. Fu anche sede delle accademie “Del Lauro” e “Degli Infimi Ritrovati”.
Il centro di Nardò rappresenta un vero tripudio d’arte barocca, grazie alla raffinatissima Piazza Salandra ed alle numerose chiese che testimoniano l’indiscusso valore religioso e artistico di una cittadina diventata già nel 1413 sede di diocesi. Ricordiamo tra le altre la Chiesa di San Domenico, la Chiesa di San Trifone, la Chiesa di Sant’Antonio e il monumento dell’Osanna nei pressi di Porta San Paolo. Piazza Salandra ospita la Guglia dell’Immacolata di origine quattrocentesca, il Palazzo di città, il Sedile. Non manca anche un castello eretto tra il XV ed il XVI secolo, ed altri monumenti di assoluto livello sono l’imponente Cattedrale in stile romanico-gotico, il Palazzo dell’Università e la Biblioteca Comunale Achille Vergari ricca di ben ventunomila volumi di carattere scientifico, filosofico e teologico, data in eredità alla Chiesa nell’Ottocento dal medico Achille Vergari e poi passata al Comune.
Un’altra curiosità: a Nardò, in una piccola casa pericolante, possiamo vedere una suggestiva rappresentazione di Murales che indica il passaggio di molti ebrei verso la Palestina negli anni del dopoguerra.
Ma la città garantisce un’attrattiva turistica di eccezionale interesse anche grazie alle sue splendide marine, Santa Maria al Bagno, Santa Caterina, S. Isidoro e Porto Selvaggio di cui parliamo approfonditamente a parte.
immagine 1: by Lupiae (Own work) [CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
immagine 2: by Lupiae (Own work) [CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
IL CASTELLO E L’OSANNA
Il Castello degli Acquaviva
L’attuale castello di Nardò fu costruito a cavallo del XVI e del XVI secolo, sotto Giovanni Antonio Acquaviva d’Aragona nell’area del Pittagio Sant’Angelo, diventando da quel momento dimora dei duchi Acquaviva d’Aragona.
Di notevole interesse i poderosi torrioni a mandorla dei quali il più conservato è quello verso la via estramurale. Rimaneggiato completamente per essere trasformato in residenza nobile da Luciano Personé, il castello è attualmente adibito a sede Municipale. La facciata che possiamo vedere, infatti, è di origine ottocentesca con bugnato ed è stata sovrapposta all’originale dalla Famiglia Personé. Ha una pianta quadrangolare ed i torrioni risaltano dagli spigoli. Come struttura possiamo notare grandi affinità con i castelli di Otranto e di Corigliano, che lo precedettero di pochi anni, sia per l’impostazione planimetrica che per altri elementi decorativi.
A Nardò esisteva già un castello in epoca ancor più remota, donato nel 1271 dal signore di Nardò Filippo di Tuziaco di astrazione angioina alla comunità francescana dei Minori Conventuali. Il castello infatti era stato realizzato precedentemente dai Normanni. Gli studiosi collocano la struttura nei pressi della chiesa di San Francesco, sull’area dove attualmente sorge la Chiesa dell’Immacolata. La diversa collocazione del secondo castello attualmente presente rispetto a quello federiciano avrà forse risposto a mutate esigenze strategiche, con l’edilizia militare che si adattava all’impiego della polvere da sparo.
L’Osanna
La pregiatissima e strana opera architettonica chiamata “Osanna” fu edificata nel 1603. Si tratta di un monumento barocco interamente costruito in pietra leccese e si trova nella piazza omonima, appena all’ingresso del Centro Storico di Nardò. La collocazione al momento della costruzione lo vedeva davanti all’antica Porta San Paolo e alle mura aragonesi.
Il nome deriva dall’invocazione più volte ripetuta nell’iscrizione e sempre nell’iscrizione è scritto che fu voluto dai sindaci “Teotino e Dimitri”, come si evince dalla scrittura ancora ben leggibile: “HOC HOSANNA AD DEI CULTURA À FUNDAMENTIS AERE PUBLICO ERIGENDUM CURARUNT OCTAVIUS THEOTINUS ET LUPUS ANTONIUS DIMITRI SINDICI, 1603”.
La sua forma ottagonale presenta otto colonne che circondano una colonna centrale che sostiene una cupola, formando così un baldacchino attorno alla colonna principale, posto in rialzo su un piano dopo cinque scalini, presentando nell’insieme un aspetto orientaleggiante. Sono diverse le interpretazioni sul suo significato simbolico. La più gettonata dagli studiosi vede la colonna centrale (probabilmente più antica e di origine orientale) come un simbolo del paganesimo. Infatti è probabile che in origine vi fosse solo questa colonna con scopi commemorativi o utilizzata come menhir, stele religiosa pagana. Solo in un secondo momento fu trasformata in simbolo cristiano, inglobandola dentro una cupola e imprigionandola in un pilastro che invece starebbero a simboleggiare la forza e la virtù della cristianità. Sarebbe quindi un “segnale” con cui la Chiesa si ripromette di esorcizzare forme di paganesimo persistenti, rievocate proprio con l’intento di ricordarne al popolo la sconfitta e la fine.
Rimane un monumento unico nel suo genere e fin dal momento della sua costruzione, in una tradizione che perdura ininterrottamente ancora oggi, il giorno della Domenica delle Palme è qui che il vescovo benedice i rami d’ulivo portati dai fedeli.
immagine 1: by Lupiae (Own work) [CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
immagine 2: by Freddyballo (Own work) [GFDL or CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
LA CATTEDRALE
La Cattedrale Maria SS.ma Assunta, dal 1879, è monumento nazionale e nel 1980, durante l’episcopale di Antonio Rosario Mennonna (1962-1983), è stata elevata a Basilica Pontificia Minore.
Risale presumibilmente ai secoli VII-XI. Non bisogna infatti lasciarsi ingannare dalla facciata settecentesca, le origini reali sono ben più antiche e nacque con tutta probabilità come abbazia eretta da monaci basiliani che giunsero a Nardò per sfuggire a persecuzioni iconoclastiche dall’Oriente che dal VII all’XI secolo la detennero come chiesa di Santa Maria de Neritono. Tuttavia gran parte dell’edificio attuale sarebbe stato realizzato all’epoca della dominazione normanna che dal 1071 estromisero del tutto i bizantini.
L’attuale Cattedrale si raggiunge da Piazza Salandra percorrendo Via Duomo. La struttura originaria subì frequenti rimaneggiamenti anche a causa di diversi terremoti che colpirono la zona tra il XII e il XIII e che l’hanno in gran parte modificata rispetto a quello che doveva essere l’aspetto originario. I benedettini, succeduti ai basiliani, nel XIII secolo furono obbligati ad abbattere e ricostruire la navata sinistra ed il presbiterio ed utilizzarono il carparo, materiale più resistente alle intemperie. Per questo motivo, è evidente all’interno che mentre le arcate della navata destra sono romaniche e a tutto sesto, le arcate della navata di sinistra e del presbiterio (quelle ricostruite) sono gotiche e a sesto acuto. Lo stesso campanile sorse nella seconda metà del XIII staccato dal resto della chiesa e probabilmente andò a sostituirne uno più antico. Il coro e le cappelle laterali sono state aggiunte successivamente nel XIV secolo sotto il dominio angioino (Roberto d’Angiò) di cui si ritrovano molti elementi architettonici e che permisero l’unificazione con il campanile dalla navata sinistra. Bisogna anche ricordare che dei restauri effettuati alla fine dell’Ottocento hanno eliminato dalla chiesa una copertura barocca aggiunta all’inizio del Settecento e di cui oggi restano molte tracce nella facciata. Questo è il motivo per cui la facciata odierna ha poco e nulla a che fare con tutto il resto dell’edificio che non ha niente dello stile barocco. A seguito di tutti questi interventi, dell’edificio normanno originale non è rimasto più nulla.
I dipinti sulle pareti interne risalgono ai secoli XIII e XIV, tra i più antichi troviamo un Cristo benedicente al secondo pilastro di destra e un San Nicola al secondo pilastro di sinistra, con chiare influenze bizantine. Vi è poi una tela di stampo barocco della Madonna del Carmine dipinta da Paolo De Matteis e collocata sul primo altare a destra, nonché un antico Crocifisso nero in legno di cedro risalente al XIII secolo e che può essere visto nella terza cappella a sinistra. Quest’ultimo è particolarmente venerato perché la tradizione dice che la sua origine sia ancor più antica (VI secolo) e che sanguinò quando i turchi cercarono di rubarlo.
Le tre navate interne sono scandite da archi gotici e archi romanici; la cattedrale conserva, tra le tante preziosità, anche alcune tele del Sanfelice e altre attribuite a grandi maestri della pittura meridionale, nonché una serie di affreschi come la Vergine col Bambino, Cristo in trono che benedice alla greca, la Traslazione delle reliquie di San Gregorio Armeno.
immagine 1: by Lupiae (Own work) [CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
immagine 2: by Freddyballo (Own work) [GFDL or CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons.
LE CHIESE
La Chiesa dedicata a Santa Maria de Nerito, fu costruita alla fine del XI secolo, sui resti dell’abbazia basiliana.
Il suo interno si sviluppa a tre navate: quella centrale ha il lato destro con archi dell’epoca Normanna, il sinistro, ad archi a sesto acuto, fu rifatto insieme all’abside al tempo degli Svevi.
Un affresco che abbellisce le pareti della Cattedrale, raffigura “Il miracolo del Crocefisso Nero”. Il campanile, appartenente all’antica chiesa, è stato volte ricostruito varie volte.
La Chiesa di San Domenico, nell’omonima piazza, edificata nel cinquecento ma definitivamente completata solo due secoli dopo, presenta la facciata ornata di cariatidi, colonne, tralci floreali.
La Chiesa del Carmine, ricostruita in seguito al terremoto del 1743, risale al sec. XVI . La facciata è caratterizzata da un portale con colonne dalle quali si affacciano due leoni. Accanto alla Chiesa, sorge il convento.
La Chiesa di S.Antonio da Padova, di spiccato gusto barocco, possiede un prezioso soffitto ligneo a cassettoni riccamente decorato e il monumento funereo in pietra leccese eretto dai Duchi Acquaviva.
La Chiesa della Purità, inglobata nel Conservatorio, custodisce la lapide voluta in onore del Vescovo A. Sanfelice.
Nella Chiesa di San Cosimo, del 1618, c’è una lapide che ricorda Belisario e Porsia Acquaviva, i signori di Nardò.
A Nardò, vi sono anche numerose edicole votive dedicate alla Beata Vergine Maria Immacolata, alla Madonna del Rosario, al SS. Crocifisso, un Calvario.
Le cappelle invece, sono state costruite in onore di S. Bartolomeo, S. Sofia, S. Lucia, S. Leonardo, S. Lorenzo.