Un pò di Storia – Il Castello Aragonese – La Cattedrale – Il Mosaico Pavimentale – Mappa
Otranto, chiamata anche “Porta d’Oriente”, si affaccia a sud dell’Adriatico sul Canale d’Otranto, lo stretto tra la Puglia e i Balcani che prende il suo stesso nome. È conosciuto anche per essere il centro abitato ed il territorio più orientale d’Italia, nonché primo a salutare il nuovo anno, tanto che ogni Capodanno viene organizzato appositamente l’evento Alba dei Popoli.
Anticamente fu “capoluogo” di una grande provincia che comprendeva tutto il Salento comprese aree delle attuali province di Brindisi e Taranto, conosciuta come “Terra d’Otranto”, e ancora oggi conserva l’aspetto caratteristico delle antiche città commerciali che si affacciavano sul Mediterraneo.
Ai numerosi visitatori che affollano le sue coste ed il centro storico ogni anno, si mostra solare e carica di fascino orientale. Nelle giornate più limpide è possibile intravedere dalla costa le montagne dell’Albania, distanti solo 70 miglia marine.
Otranto è stata a lungo contesa con i Turchi, che la invasero nel 1480 e la dominarono solo per un anno, un periodo in cui però fecero scempio sia della città che dei cittadini e che ha profondamente influito sulla sua cultura e sulla sua fisionomia nei secoli seguenti. A testimoniare l’incubo delle invasioni dei Turchi sono rimaste le due torri medievali di avvistamento. Il centro storico della città è rimasto intatto nonostante la grande espansione edilizia che seguì la ricostruzione.
Oggi Otranto si presenta ai turisti con l’imponenza della Cattedrale, terminata e aperta al culto nel 1088, con la sua notevole dimensione è da ritenersi la Chiesa più grande di Puglia. La sua facciata fu ricostruita dopo l’invasione turca e di incomparabile valore è il mosaico pavimentale eseguito nel XII secolo oggi completamente restaurato. Al suo interno la Cattedrale conserva anche i resti degli 800 martiri uccisi dai Turchi durante la loro invasione.
Ma oltre alla Cattedrale, Otranto offre anche la meravigliosa visione del Castello Aragonese, assieme alle torri, i bastioni e le mura. La città dopo l’invasione fu infatti grandemente fortificata proprio per difendersi dagli attacchi nemici. Il borgo antico presenta strette strade realizzate in pietra viva, che si snodano a serpentina tra le case, oggi in gran parte adibite ad ospitare numerosi e caratteristici negozietti e attività enogastronomiche. Il porto, invece, si trova lungo la costa bassa, la sua rilevanza negli scambi con l’Oriente è testimoniata da molti documenti storici, anche se oggi ospita solo piccole imbarcazioni e pescherecci.
Al di là della sua Storia, la città d’estate è particolarmente viva sia di sera, quando le vie del centro sono prese d’assalto dai turisti e dai locali per lunghe passeggiate e per sostare in pub, bar o enoteche, sia di giorno. È possibile infatti trascorrere le ore diurne al mare grazie alla presenza di due piccole spiagge interne al centro urbano. Spostandosi di alcuni chilometri, poi, potrete rilassarvi in una delle grandi ed ariose spiagge nei pressi dei Laghi Alimini, un angolo di natura incontaminata facente parte anche di un parco regionale e che comprende posti incredibili come la Baia dei Turchi a nord e Porto Badisco a sud. Lungo la costa idruntina il mare è cristallino e limpido, ricco di dune, anfratti, grotte e insenature che, insieme alla vicina presenza dei Laghi Alimini, rendono questa cittadina veramente incantevole, capace di far innamorare a prima vista come il più bello dei colpi di fulmine.
immagini: Carmelo Raineri
LA STORIA DI OTRANTO
Otranto, suggestiva cittadina dall’aspetto meridionale per le sue case dipinte a colori vivaci, é chiuso nella cinta delle fortificazioni che si affacciano sulla sponda meridionale del porto naturale. Otranto (dal nome Hydruntum, fiumicello Idro che sfocia nel porto) situata tra la valle dell’Idro e l’Adriatico.
Per molti secoli è stato il centro politico, culturale e commerciale del Salento. Fondata da coloni greci e poi municipio romano fino al 757, quando fu conquistata dai longobardi e nel secolo IX passò sotto il dominio dei bizantini. Nel 1384 fu conquistata dagli Angioini, poi dagli Aragonesi, e nel 1480 fu assediata e occupata dalla flotta turca di Maometto II che la distrussero quasi del tutto massacrando il clero e il popolo che si erano rifugiati nel Duomo. Nel 1484 passò ai veneziani e nel 1495 fu occupata dai francesi.
Nella città sono rimaste ancora tracce del passaggio di tutte queste civiltà. con l’Oriente ed al transito dei Crociati diretti in Terrasanta ma in seguito decadde col prevalere di altre città vicine.
Ma la minaccia continua dei turchi impedì alla città di ritornare all’antico splendore e così buona parte della popolazione si spostava verso altri posti.
Prima che i Turchi la saccheggiassero (1480), Otranto ebbe un lungo periodo di prosperità economica grazie all’attività del suo porto e alla favorevole posizione geografica per gli intensi traffici commerciali. Aveva preso un ruolo di primaria importanza nella storia del Mezzogiorno italiano, specialmente durante il Medioevo e le crociate nei lunghi periodi di lotta tra papato e impero, tra Bizantini, Goti e Longobardi, e poi in età normanna di cui resta la testimonianza della meravigliosa Cattedrale.
A causa del territorio rimasto incolto, la zona circostante si trasformò in palude e si diffuse la malaria. Nel periodo napoleonico Otranto venne eretta in Ducato dal Regno di Napoli e ritornò a vivere grazie al Ministro Fouch. La malaria sparì grazie alle opere di bonifica, la terra cominciò a dare i suoi frutti fino ad oggi producendo cereali, ortaggi e foraggi consentendo anche lo sviluppo di importanti allevamenti bovini. La pesca ha la sua importanza grazie anche al porto molto attivo, anche per i servizi di traghetto con la Grecia. In costante espansione è anche il turismo balneare, grazie alle bellissime spiagge.
La città moderna si è sviluppata soprattutto lungo la strada costiera e nell’ entroterra, dal colle della Minerva e il Monte Carlo Magno, bellissimo il panorama che domina la città sottostante e il canale che misura 70 km di larghezza tra Capo d’Otranto e Capo Linguetta, in Albania, che durante la prima guerra mondiale fu testimone di duri scontri fra le flotte italiana e austro-ungarica.
IL CASTELLO
Il Castello Aragonese, anche conosciuto come Forte a mare, fu voluto nel 1491 sullo spazio antistante il porto da Ferdinando I d’Aragona come forma di difesa dagli invasori turchi provenienti dal mare e fu costruito in sostituzione di un precedente Castello realizzato attorno all’anno Mille e distrutto proprio dai Turchi. È costituito da due parti: il Castello Rosso, così chiamato per il caratteristico colore dei suoi mattoni ricavati dalla pietra dei dintorni, ed il Forte, adibito ad alloggio delle guarnigioni e costruito successivamente.
Il Castello di Otranto è rivolto verso il mare ed occupa la parte est della città. L’ingresso è situato su una cortina lunga 20 metri, mentre alle estremità si innalzano due torri circolari, con la parte superiore cilindrica e la parte inferiore separate da un cordone. Di forma identica, le due torri sono munite di cannoniere e sulla parete della torre a destra è posto uno stemma in pietra leccese che appartiene al duca di Ossuna, Don Pietro Giron, viceré di Napoli dal 1581 al 1586. Questa torre misura 21 metri di diametro e 14 metri di altezza. L’altra torre, con diametro di 14 metri, è più bassa e copre un’altra torre medievale di cui si intravede parte della superficie cilindrica originale.
Agli architetti militari Scipione Campi, Paduan Schiero di Lecce è stata affidata la costruzione del puntone per volere dei viceré spagnoli. Il piazzale superiore del castello, alto 16 metri, è munito di cannoniere e merlone e le facce adiacenti misurano circa 39 metri ciascuna. Grazie al puntone che consentiva la creazione di piazzali più vasti, l’installazione di armi era più numerosa ed efficace con un aumento della linea di fuoco.
Il cortile interno si presenta in modo particolare grazie alla pianta quadrangolare dove è possibile raggiungere un ballatoio che circonda internamente tutto il cortile, per mezzo di una scala a cielo aperto.
Il Castello è protetto da un fossato, da tre torrioni cilindrici angolari e un affilato bastione a lancia che si affaccia sul lato del mare, aggiunto successivamente assieme ai baluardi esterni nel 1578. In cima al muraglione sono posti due stemmi: uno appartiene a Don Antonio de Mendoza e l’altro a Don Pietro di Toledo, i viceré spagnoli. Gli stessi simboli si ritrovano sul portone d’ingresso del Castello. Sul portale d’ingresso, invece, campeggia il grande stemma di Carlo V.
Il fossato non è mai stato pieno d’acqua, ma un tempo si accedeva al Castello esclusivamente tramite ponte levatoio, oggi trasformato in ponte fisso. Nel fossato oggi vengono spesso organizzate in primavera le Giornate Medievali, generalmente scegliendo due giornate a maggio. In queste occasioni il fossato è teatro di una serie di iniziative tra cui ricordiamo la “fiera medievale di primavera”, rievocazione della fiera originale dedicata al popolo nel Medioevo, la “fiera del mercato” dove ammirare armi, abiti e strumenti d’uso a quei tempi, e soprattutto la raffigurazione tramite un centinaio di figuranti della vita del tempo. Vedrete così cavalieri e dame, soldati e cantastorie, con l’evento culminante che consiste nella battaglia per l’investitura a cavaliere.
immagine 1: flickr by Nouhailler, licenza CC BY-SA.
immagine 2: flickr by pollobarca2, licenza CC BY-SA.
LA CATTEDRALE
Foto di Franco Mantegani
Eretta nel 1088, la Cattedrale di Otranto misura m. 54 di lunghezza e m. 25 di larghezza ed è la più grande tra tutte le Chiese di Puglia. È costruita su 42 colonne monolitiche e tutte di riporto, diverse per qualità del granito e del marmo, per stile e tempo di produzione di cui si ignora la provenienza. È composta da 23 semicolonne che formano 45 campatele quadrate più tre dell’abside centrale suddivisi in 5 filari per 9. Alcune delle colonne sono lisce ed altre ricoperte da scanalature, per mezzo della disparità dei materiali, grazie ad una disposizione sapiente, creano l’effetto di grande omogeneità e non di confusione.
La grande differenza di stili è dovuta anche alla sovrapposizione di più ricostruzioni durante i secoli, considerando anche la parziale distruzione avvenuta durante l’occupazione turca del 1480.
Sulla facciata a doppio spiovente spicca un portale barocco del 1764 e un grande rosone centrale rinascimentale a 16 raggi con fini trafori gotici di forma circolare con transenne convergenti al centro, secondo l’arte gotico-araba della fine del XV sec. Per questo nonostante i vari interventi rimane una delle migliori espressioni del romanico pugliese. Il portale del fianco sinistro invece è rinascimentale e porta sull’architrave il volto del Cristo Pantacreatore, mentre sugli stipiti sono raffigurati abati salentini in bassorilievo.
All’interno, il soffitto della navata centrale è formata a cassettoni in legno dorato e risale al 1698 mentre il paliotto dell’altare maggiore, in argento, è opera di oreficeria napoletana del ‘700. Alcuni affreschi parietali situati all’interno del tempio e nella cripta, invece, evidenziano tracce bizantine. Il pavimento a mosaico, in tessere policrome di calcare locale durissimo, è stato eseguito tra il 1163 e il 1166 da un prete dell’abbazia di S. Nicola di Casole. Questa vera e propria opera d’arte, unica nel Mezzogiorno, a differenza di altre parti della Cattedrale resistette all’invasione turca del 1480 e raffigura una sorta di enciclopedia in immagini del mondo medievale dell’epoca, concepita non casualmente ma come se fosse un’unica grande preghiera che pare dalla base fino a svilupparsi fino in fondo. Nella navata destra, racchiusa nell’abside, si conservano le ossa dei Martiri di Otranto, in sette grandi armadi e in parte anche nella Chiesa di Santa Caterina a Napoli. Sono i resti di ottocento e più cittadini sgozzati dai Turchi sul Colle di Minerva il 14 agosto 1480, per non aver voluto rinnegare la fede cristiana. Otranto, per questo evento glorioso, è chiamata anche la “Città-martire”.
Sempre all’interno della Cattedrale, un altro ambiente di grande valore storico e artistico che risale al secolo XI è quello della cripta, dalla forma semi-anulare, con tre absidi sporgenti, cinque navate e ben 42 colonne formate da marmi diversi (granito, porfido, cipollino). I meravigliosi capitelli risalgono ad ascendenze diverse, dal dorico-romanico, al corinzio e allo ionico, i più antichi risalgono al VI secolo. I moderni restauri la hanno liberata dalle soprastrutture barocche settecentesche. Qui vi sono anche i resti di alcuni dipinti bizantini, tra cui il più affascinante sono “La Madonna con Bambino” nell’abside mediana e un Presepe cinquecentesco.
Immagini di Carmelo Raineri.
IL MOSAICO PAVIMENTALE
Il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto fu realizzato tra 1163 ed il 1165 dal monaco Pantaleone dell’Abbazia di S. Nicola di Casale in Otranto, il cui nome è situato in corrispondenza dell’entrata principale della cattedrale, nella parte inferiore del mosaico. Formato da tessere policrome in calcare locale, si estende per oltre 16 metri coprendo interamente il pavimento della cattedrale.
Fu pensato come un immenso tappeto da preghiera e come rappresentazione del felice connubio tra tradizione culturale orientale e occidentale. Nella navata centrale è raffigurato un maestoso albero che parte dalla porta e giunge quasi fin sotto al presbiterio intorno alla quale si sviluppano figure umane e di animali. Prima si pensava che questo simbolo rappresentasse l’Albero della Vita, per la dimensioni e centralità nell’opera. ma decifrare il mosaico è stato, da sempre, un intricato enigma privo di soluzioni credibili.
Tra i rami dell’ albero del Bene e del Male si svolgono varie scene: le vicende di Adamo ed Eva, le raffigurazioni dei dodici mesi dell’anno rappresentati con i relativi segni zodiacali, Caino e di Abele e anche scene bibliche e mitologiche come la leggenda di re Artù e l’Inferno e il Paradiso.
Spostandosi verso l’abside (la parte semicircolare in fondo alla Cattedrale, dove si trova l’altare maggiore) è raffigurata l’immagine di Bisanzio insieme ai tondi che racchiudono scene di animali fantastici. Proseguendo in quella direzione, si incontra l’immagine di Re Artù che cavalca un caprone, e il gatto di Losanna, accanto a Caino tiene un bastone che colpisce Abele che è piegato dal dolore. Continuando in questo spettacolare viaggio si giunge alla raffigurazione dei tondi con i dodici mesi dell’anno: ogni mese ha una cornice ornata di segni geometrici e cifre arabe all’interno della quale appaiono gli uomini intenti nelle fatiche stagionali.
Più avanti ancora è rappresentato il diluvio universale insieme all’arca di Noè e agli uomini che sono inghiottiti dai pesci. E dopo il diluvio, il ritorno della pace rappresentato da un ramoscello di ulivo. Da studi condotti sul significato delle raffigurazioni del mosaico, si pensa che queste rappresentazioni fossero rivolte a coloro che conoscevano bene il Phisiologus, il Bestiario Latino e persino i Vangeli Apocrifi. Seguendo l’ ipotetico cammino verso la salvezza, i fedeli si trovavano davanti ad un albero, il cui tronco lunghissimo rappresenta il loro cammino, che proprio tra gli episodi dell’Antico Testamento, dei Vangeli, del romanzo di Alessandro Magno e del ciclo di Re Artù, pensavano di raggiungere la redenzione.
Il mosaico della Cattedrale di Otranto è considerato come un’enciclopedia medievale e uno dei più misteriosi monumenti del nostro patrimonio storico-artistico.